Prevenire è meglio che curare o... soffrire

Quest’anno l’esperienza fatta con il Progetto “Agorà” in una scuola secondaria superiore di San Giovanni Valdarno, seppur breve nella durata ma non certo per l’intensità d’emozioni provate, ci ha permesso di riflettere ulteriormente sulle problematiche adolescenziali.

I ragazzi hanno espresso con facilità i vissuti personali nel rapporto con i genitori, le difficoltà ad aprirsi con le figure adulte.

Inoltre, hanno trovato negli operatori la possibilità di sentirsi accolti nell’esprimere idee, bisogni, difficoltà, riguardanti il proprio mondo relazionale-affettivo ed hanno più volte esplicitato il bisogno di essere ascoltati dagli adulti, di essere “visti” e compresi.

Il progetto nasce con il fine di prevenire i disagi giovanili, basta guardarsi intorno, accendere la televisione, per capire che se la nostra società non deciderà di investire nella prevenzione, i giovani con problemi aumenteranno e non potremmo dire, a differenza delle generazioni passate, che non sapevamo cosa fare. Lavorando con questi ragazzi abbiamo potuto immaginare quale potrà essere l’esito della loro fase adolescenziale.

Si potrebbero verificare casi di adolescenza ritardata, che appartiene in genere ad adolescenti di famiglie borghesi, che portano avanti i loro studi, intraprendono carriere già avviate in famiglia, sposano persone scelte o accettate dai genitori, riproducendo così il modello familiare dei loro genitori, oppure un’adolescenza che si prolunga all’infinito per paura di deludere le aspettative dei genitori (spesso infatti sono ragazzi che nell’infanzia sono stati sopravvalutati dai genitori stessi).

Nel caso, invece, di adolescenze sacrificate, abbiamo ragazzi che per motivi diversi non hanno potuto affrontare l’adolescenza nella maniera corretta. L’adolescenza dissociale è tipica nei casi in cui c’è un crollo nell’idealizzazione dei genitori che non può essere ricostruita. Sono ragazzi quindi che idealizzano sempre ciò che i genitori e la società insieme disapprovano e che provengono da ambienti integrati ma rigidi nei modelli educativi, con modelli parentali ambigui (come nel caso di mancanza di cure materne adeguate).

Infine, l’adolescenza tossicodipendente permette, attraverso l’uso di una sostanza, un distacco dalla sofferenza relativa ai conflitti del passaggio alla vita adulta, al senso di solitudine, alle difficoltà di inserimento nel gruppo, per trovare un modo di essere al mondo, un’identità.

In realtà l’adolescenza nel suo procedere dovrebbe plasmare una personalità adulta che ha interiorizzato nel tempo modelli parentali “sani” con cui si identifica, che stabilisce delle buone relazioni di fiducia, un individuo che integra la propria identità con quella della famiglia senza entrarci in conflitto.

Se così non sarà si potrebbe sfociare nell’anoressia mentale, nel bullismo, nella tossicodipendenza, nell’alcolismo……


Ilaria e Laura

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